Lo stato attuale
A partire dagli anni ’70 c’è stata una ripresa della ricerca empirica sul campo. In tutto il mondo sono nate e nascono facoltà di scienza della comunicazione, che preparano esperti di mass media. Gli studi attuali prendono in considerazione i seguenti argomenti:
Produzione. E’ lo studio del sistema produttivo dei libri, i giornali, le riviste, le trasmissioni radiofoniche e televisive;
Consumo. In questo periodo nasce la cosiddetta scuola usi e gratificazione che cerca di capire come la gente adopera quotidianamente i mezzi di comunicazione di massa e principalmente capire perché vi ricorre, quali bisogni cerca di soddisfare per il loro tramite. Negli studi successivi si è cercato di capire come le condizioni e gli eventi della vita sociale possono far nascere bisogni relativi ai media o influenzarne comunque il consumo. Sono state approfondite le tipologie dei consumatori, gli stili di consumo,gli scripts = i copioni che la gente segue quando legge il giornale o guarda la televisione.
Ricezione: lo studio di come i destinatari elaborano i messaggi dei media è principalmente di pertinenza della psicologia. Le ricerche in parte si sono interessate alla comprensione, a come le persone sviluppano significati a partire dagli input costituiti dai libri, le pagine di giornali, le trasmissioni radiofoniche o televisive. Mentre il grosso dei lavori empirici, sulla scia della scuola di Yale, ha continuato ad avere per oggetto la persuasione attraverso i media.
L’azione persuasiva oggi non è più considerata un fenomeno semplice e meccanico, ma un processo con varie tappe concatenate da analizzare.
E’ tramontata anche l’idea del ricevente passivo attualmente è grande l’attenzione per l’attività mentale di chi è oggetto di pressione persuasiva e per la variabilità dei processi cognitivi in gioco.
Si tende a tener presente i diversi percorsi mentali che i messaggi possono seguire una volta giunti a destinazione, a seconda del soggetto, dell’età, delle caratteristiche personali, dello stato in cui si trova, delle condizioni di ricezione.
Effetti: attualmente le ricerche si occupano soprattutto di effetti a lungo termine. Per afferrare gli effetti a lungo termine non basta intervistare la gente, ma occorre integrare dati raccolti per diverse vie quali: analisi del contenuto, studio della ricezione, questionari, interviste, nel corso di lunghi periodi. Lo spostamento di interesse dagli affetti a breve termine a quelli a lungo termine è dovuto al mutamento del modo di concepire i media che vengono nuovamente considerati potenti.
Con l’affacciarsi della teoria critica e delle teorie culturologiche e con la messa in discussione del lavoro della scuola di Lazarsfeld si comincia a pensare che i media anche se hanno effetti limitati a breve scadenza, possono influire sulla gente nel lungo periodo. I risultati delle ricerche indicano che i media in linea di massima intervengono attraverso l’ organizzazione della conoscenza della realtà sociale e interagendo con altri fattori fanno in modo che le conoscenze che la gente si forma sul mondo in cui vive abbiano una struttura piuttosto che un’altra. Un’altra ipotesi è quella dell’agenda setting, dell’organizzazione dell’ordine del giorno. I media contribuirebbero a indicare quali sono i temi rilevanti della vita sociale, e con quale priorità vanno considerati, creando una sorta di taccuino mentale degli argomenti di attualità.
Altro effetto a lungo termine è costituito dagli scarti conoscitivi. È opinione comune che i mezzi di informazione tendono a uniformare il pensiero della gente per es: per le teorie della cultura di massa e per la teoria critica la diffusione dei media comporta la standardizzazione e il livellamento delle conoscenze; invece secondo le ricerche più recenti l’azione dei media produce piuttosto differenze tra categorie e gruppi nella conoscenza della realtà sociale, prevale l’effetto di creazione di gaps. In parte le differenze prodotte rispecchiano le divisioni sociali preesistenti, perché a seconda della classe, del sesso, dell’età, dell’etnia, dell’area geografica, del grado di istruzione, dell’appartenenza a questa o quella categoria professionale, cambiano l’interesse per i media, l’accesso a questo o quel tipo di media e l’attenzione dedicata a determinati argomenti. In parte però il fenomeno è dovuto a circoli di autoamplificazione, cioè chi sa in genere di più, chi ha più cultura trae dai media un maggior numero di informazione e ha maggiore probabilità di sviluppare una comprensione critica. Sembra dunque che i media intervengano piuttosto come agenti di disuguaglianza che come livellatori.
Tra gli effetti a lungo termine va ricordato il fenomeno analizzato da Neumann che si può definire innesco del clima di opinione. La gente, cioè, si affida ai media per cercare di capire qual è l’opinione dominante del momento; e dato che le persone per lo più temono di prendere posizioni controcorrente, una volta capito come spira il vento si adeguano e procedono su quella linea. Neumann parla di spirale del silenzio intendendo con ciò il fatto che idee che i media fanno apparire massicciamente diffuse, anche se non lo sono, possono effettivamente diventare largamente condivise, come profezie che si autoavverano.
Significato delle comunicazioni di massa
Diverse sono le concezioni sul valore e il senso che le comunicazioni di massa hanno nella vita sociale
Funzionalismo: secondo il funzionalismo, i media non fanno che potenziare le funzioni sociali che la comunicazione ha sempre avuto, come la tradizione, l’integrazione e il controllo dell’ambiente (Laswell). Lazarsfeld e Merton hanno osservato che i media servono anche a conferire uno status (leggere il giornale, ad esempio, e un modo di darsi un’immagine) e a moralizzare, additando alla pubblica opinione il deviante.
Lazarsfeld e Merton evidenziano anche una funzione ricreativa dei mass media, questi vanno incontro ai bisogni estetici e all’esigenza di riposarsi e allentare le tensioni.
I sociologici funzionalisti però riconoscono anche i risvolti negativi dei mass media quali: la narcosi, cioè quello stato di apatia derivante dalla falsa convinzione di impegnarsi e padroneggiare le cose solo perché se n’è al corrente; la tendenza all’isolamento, l’influenza conservatrice, la tendenza a rafforzare lo status quo e a impedire innovazioni. Tuttavia si differenziano dai sociologi critici in quanto quest’ultimi ritengono che non si tratta di eventi occasionali legati a disfunzioni, ma di difetti strutturali.
Per la teoria critica, visione elaborata dalla scuola di Francoforte di cui Horkeimer e Adorno sono i due autori più rappresentativi, i mass media sono un’industria culturale che risponde a logiche economiche, sottolineando dunque la natura commerciale del fenomeno. Sono uno strumento di dominio, che controlla psicologicamente la gente e, per la scuola di Francoforte il controllo psicologico è un modo tipicamente moderno si asservire le masse, senza scontri, ma ingannando e distruggendo alla radice l’individualità e la soggettività. Gli effetti prodotti sulla gente sono negativi e consistono nell’istupidimento e nell’asservimento al consumo. La concezione della scuola di Francoforte affonda indubbiamente le sue radici nelle teorie del conflitto e a rapporti col marxismo. Per i teorici della riproduzione socio-culturale i media al pari della scuola rientrano nei meccanismi di perpetuazione dei rapporti di dominio. Come istituzione non si collocano in posizione neutrale, ma sono schierati dalla parte di chi domina. Per la teoria culturologica sono una tipica espressione della realtà post-moderna, cioè quella civiltà che si è venuta a formare dopo la modernizzazione dell’occidente tra il XVII e XIX secolo, all’indomani dell’industrializzazione, dello sviluppo tecnologico, dell’urbanizzazione, dell’espansione delle comunicazioni, ma nello stesso tempo concorre a formarla. A inaugurare il filone culturologico è stato il sociologo francese Morin. I sostenitori delle teorie culturologiche, a differenza della scuola di Francoforte, non ritengono che lo stato attuale in cui vive la gente sia il prodotto dell’industria culturale, ma di trasformazioni storico-sociali a vasto raggio in cui i media sono un fattore tra gli altri. Una nozione introdotta da Morin è quella di immaginario. Si tratta di una sfera di conoscenze illusorie, in cui le cose vengono trasfigurate fantasticamente fino a creare rappresentazioni che conservano i tratti esteriori della realtà, ma in effetti ne sono lontane specie per quanto riguarda gli aspetti più duri e spiacevoli della realtà. Ad esempio, nell’immaginario la gente pensa di stare in un mondo caratterizzato dal progresso, dal benessere, dall’uguaglianza, mentre nei fatti sta crescendo il consumismo non la qualità della vita, le economie sono in crisi e le disuguaglianze sociali sono forti e resistono agli sforzi di superarle. I mass media producono una spinta verso l’immaginario, perché mescolano informazione e fiction, contenuti impegnati e evasione. E dato che la gente per effetto dei media tende a condividere largamente le stesse rappresentazioni immaginarie, queste appaiono sempre più meno illusorie e sempre più verità.
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