Nella mia mente quell’immagine è ancora troppo vivida.. La ragazza che amavo non esisteva più, non era più la persona che conoscevo. Quel sorriso amorfo aveva spazzato via la sua personalità o forse era stata quell’aberrazione di nome Crome che, con il suo pub, dove l’unica cosa che si vendeva era il sesso, con tutto il suo squallore, portava via l’umanità e la dignità delle persone alienandole dalla vita stessa.
L’ultima difesa era il dormire durante il rapporto… le ragazze non erano coscienti di essere usate quando si prostituivano, una dream machine le obbligava a dormire mentre i clienti usufruivano del loro corpo.
Pazzia e squallore allo stesso tempo… Erano soldi ‘facili’ e lei aveva bisogno di qui soldi, per l’operazione agli occhi… per diventare un aidoru… una aidoru dal sorriso amorfo. Quel sorriso spento di chi è cosciente di aver venduto se stesso e la propria dignità.
La dolce malinconia presente nel suo sorriso, la prima volta che ci incontrammo, era stata spazzata via da questo orrore. Il raggiungimento del suo sogno, diventare un aidoru, sigillava definitivamente questo patto col ‘diavolo’…
Con queste ragioni nella mente e nel cuore avevo attaccato Crome, ero volato nei vasti spazi virtuali della rete come un aquila e, con la stessa ferocia, di un leone, mi ero avventato al suo collo distruggendo la sua effige nella rete: il suo ice. A nulla erano valsi i meccanismi di protezione di settima generazione il cui ice di crome si avvaleva, capaci di polverizzare il cervello di una persona in pochi secondi rendendolo un vegetale per il resto dei suoi giorni..
Distruggendo Crome avrei messo la parola fine al suo abominio e sarei anche riuscito ad avere il denaro per la sua operazione agli occhi.. Ma non ero riuscito ad anticiparla, lei aveva già ceduto alla tentazione di quei soldi ‘facili’…
Non avevi capito che già eri un aidoru, molto più bella di qualsiasi altro aidoru, perché unica e non una fotocopia di un stereotipo amorfo.. Ti ho amato per quella persona che eri, non per quella che sei diventata facendoti violenza… Di cosa è rimasto di ciò che eri io non lo so… ma se un giorno riuscissi a ritrovare in te quella parte del tuo essere andata perduta e mi vorrai al tuo fianco nuovamente, sappi che ci sarò. Fino ad allora sarò qui ad guardare questo mare silenzioso, in questa spiaggia che non conosco, metafora visiva del mio dolore, di averti perduto nonostante tutti i miei sforzi…
Magari, un giorno, chi lo sa… su questo mare piatto sorgerà finalmente il sole, destato da un tuo sorriso dolce e malinconico.
Questo testo, come il precedente ‘La notte che bruciò Crome’ li ho scritti in momenti molto diversi tra loro con otto mesi di distacco l’uno dall’altro e il più recente risale a ben sette mesi fa. Prima di avere un blog io ho sopratutto un quaderno personale dove scrivo, il blog è nato dalla voglia di poter condividere ciò che scrivo e in generale i miei pensieri con gli altri..
I due racconti sono liberamente tratti da ‘La notte che bruciammo Crome’ di William Gibson che rimane il padrone intellettuale della sua opera. Se in qualche modo questi due racconti possono recare disturbo a chi detiene i diritti di pubblicazione dell’opera di Gibson o chi di competenza, contattatemi provvedererò all’immediata eliminazione dei due racconti dal blog.
Confido che questo non accadrà, anche perché è difficile stabilire dove finisce il pensiero di Gibson finisce e inizia il mio, sopratutto perché Gibson sviluppa la storia dedicandosi molto poco all’introspettiva emozionale dei personaggi ed è proprio questo lo spazio dove io mi muovo e di cui mi piace narrare.. Bho. Alla fine spero solo che Vi piaccia.